Nelle Langhe da bambino era bello vedere i contadini segnarsi prima di iniziare la giornata di lavoro, giornata faticosa sui cambi bruciati, urticati dal sole, proprio quei campi che ho provato a descrivere in quella mia ultima canzone che mi costrinsi, o non ricordo più se fui costretto a scrivere per partecipare a Sanremo 67.
Nelle Langhe da bambino era bello vedere i contadini segnarsi prima di iniziare la giornata di lavoro, giornata faticosa sui cambi bruciati, urticati dal sole, proprio quei campi che ho provato a descrivere in quella mia ultima canzone che mi costrinsi, o non ricordo più se fui costretto a scrivere per partecipare a Sanremo '67.
Volevo raccontare di chi nell’inevitabile urbanizzazione di quegli anni era costretto a lasciare tutto e tutti per cercare un posto nel mondo più adeguato all’Italia del boom. La fame nelle campagne era fragrante che si poteva tagliare con una lama, ma in Italia il problema per artisti e intellettuali era quello del Vietnam o di scemenze così lontane da potersele prendere tanto a cuore. La vicinanza fa sempre paura, perché in qualche modo poi devi fartene carico davvero.
Morandi per esempio passava dal latte della mamma a c’era un ragazzo che amava i Beatles….
Belin anche a me piacevano i ragazzetti di Liverpool, ma tutta quella retorica sulla guerra l’ho sempre trovata inutile e sterile.
Gianni, torna un po' a prendere il latte andando a 100 all’ora e non rompere i coglioni.
Anche questo avrebbero poi scritto che avevo un carattere ombroso, che fossi incazzoso e talora iracondo, tendente a rabbia cieca e al suo opposto di malinconia e depressione.
Ma chiedete a Paoli o a Lauzi se fossi così davvero.
Va bene, d’accordo un po' rabbioso lo sono sempre stato, odiavo chi muoveva critiche al mio lavoro senza sostenerle e chi si riempiva la bocca di frasi fatte come certi discografici incapaci di distinguere una scala maggiore da una minore, ma per il resto io ero il più casinista, il più allegro tra tutti i “genovesi”.
Fabrizio per esempio potrebbe raccontarvelo senza remore, ma anche lui si è preso la fissa che mi sono ammazzato, e devo dire che la sua Preghiera in Gennaio è proprio tanto bella, e se mi fossi ammazzato davvero non avrei potuto trovare avvocato migliore (Fabrizio giurista lo era davvero) dinanzi all’Eterno Giudice.
È strano, lo so ma io il 68 delle finte rivoluzioni l’ho mancato di un anno e dove sono ora non siamo tanto interessati ai fatti che accadono nel tempo. Qui c’è silenzio, qui si sospende il giudizio, qui non c’è giudizio. Solo tanto silenzio.
Nella mia vita meravigliosa ho cercato sempre la verità, su mio padre prima e poi sulla musica. Si la musica quella suprema metafisica che ho voluto indagare, approfondire e farne ragione di vita. Io sono solo un musicista, un curioso di questa forma di arte che per incarnarsi ha bisogno di strumenti, e io ne ho bulimicamente studiati e imparati a suonare tanti, per capire, per carpirne il mistero.
Una lotta impari, capirete, ma in questi pochi anni è stato il senso del mio esistere.
Ho amato ferocemente la vita, sognavo con Valeria proprio al telefono la sera in cui mi hanno ammazzato di mettere su casa in un posto alle porte di Roma che pareva incantato.
Si, ho chiamato Valeria dopo l’esclusione di Ciao Amore, ciao.
Le ho detto dello schifo di cui ero venuto a conoscenza, della lista di nomi che avevo appena scritto e che tenevo nella camera 219 insieme a riflessioni e prove sul sistema di votazione che favoriva gli scommettitori e la rai attraverso la fonit cetra.
Mi tremava la voce dalla rabbia, mi avevano per giunta promesso la vittoria l’anno dopo se avessi tenuta la bocca chiusa, lì sulla spiaggia di quella città di merda che è sempre stata Sanremo, che come una vecchia e malferma baldracca continua a imbellettarsi aspettando gli annuali clienti festivalieri.
Sulla spiaggia sono volate minacce e parole grosse e poi anche un colpo alla testa. Ma pare che nessuno sul mio cadavere l’abbia poi voluto vedere.
Valeria è preoccupata per me, mi verrà a prendere domattina a Genova e insieme partiremo forse in Africa qualche settimana.
Vado a dormire, la mia stanza è quasi interrata, adiacente a quella di Sandro Ciotti mio buon amico e difronte a quella di Lucio Dalla.
È l’una e mezza del mattino ho ancora lo smoking addosso, entro in camera, accendo la luce e poi lo sparo.
Ora guardo il mio povero corpo da ragazzo, i pianti veri e quelli finti, e poi quel corrotto di Molinari che fa spostare il corpo prima all’obitorio e poi nuovamente in camera per le foto di rito. Come se fossi un pupazzo di stoffa, come se non fossi mai stato un uomo.
Il mio corpo vilipeso, sporcato, ucciso un’altra volta.
Nessuna autopsia, tanto si è ammazzato. Che bei titoloni l’indomani.
Ma le mie mani non avevano tracce di sparo, il proiettile non era quello della mia pistola, che tra l’altro avevo lasciato in macchina, cercatela lì cazzo. Come faccio ad ammazzarmi senza pistola?
O con una pistola che non è la mia, cioè quella trovata sotto il mio culo.
Ce lo vedete mai uno che si spara con una pwk e poi si mette una beretta sotto le chiappe? E dopo per comodità si ficca pure i piedi sotto un canterano? Perché così dicono d’avermi trovato.
Il proiettile non è nel mio cranio, la ferita non è quella classica di un suicida, il foro di uscita non l’avete neanche visto a causa del sangue raggrumato tra i miei capelli.
E poi nessuno ha sentito lo sparo? Impossibile giuro! La mia pistola qualora avesse sparato in quel seminterrato avrebbe svegliato tutto l’hotel, ma mi hanno sparato col silenziatore, un suicida se ne fotte di non fare rumore, si spara, fa casino, anzi vuole fare casino, e chiuso lì.
E il biglietto d’addio? Vogliamo parlarne? La cosa di cui mi vergogno di più con tre, dico con ben tre errori gravi di grammatica che io non avrei mai fatto, per non parlare della firma che in banca mi avrebbero contestato anche se fosse stata in calce ad un assegno di una lira.
Mi guardo e penso che hanno appena inventato il delitto perfetto, il suicidio di un cantante di canzonette.
Mia mamma diceva sempre che chi cerca la verità cerca Dio, non importa dopo cinquant’anni chi sia stato e perché, ma io ero solo un ragazzo e amavo la vita. Tanto.