L'arte non dovrebbe produrre etica, ma estetica, non dovrebbe fare la morale semmai generare bellezza.
I ripetuti predicozzi a spettatori paganti del Bono degli ultimi 20 anni testimoniano che quando la tua arte ha ormai poco da dire allora le parole ne prendono proditoriamente il posto, le prese di posizioni ideologiche, le battaglie civili i pro e i contro diventano lo schermo per dire ancora qualcosa quando la tua musica è stanca, quando purtroppo la vena creativa pare essere soggetta a continue emorragie che nessuna sutura ideologica riesce oramai ad estinguere.
Quando l'arte si fa morale abdica al suo ruolo primario di creatrice di mondo nuovo e veste i panni consunti della predicazione farisaica.
L'arte è già messaggio, porta in sè ciò che deve comunicare, l'artista non aggiunge, l'artista è l'atto creativo.
Il cambiamento non si racconta, il cambiamento si testimonia nella carne ferita dal momento di creazione.
Ecco perché David Bowie è stato il piu'grande. Ove Bono parlava di muri e regimi, Bowie componeva Heroes, ove si predicava di cancellare il debito, Bowie inventava, innovava, faceva il suo di lavoro, servendo così al bene comune. Bowie era il cambiamento, Bono parla di cambiamento. Il duca bianco ha incarnato personaggi discontinui, instabili, forse malati. Ha simulato, mentito, si è mascherato e smascherato nel corpo e nelle canzoni generando cambiamento autentico in se' e nel pubblico. Bowie è morale anche quando immorale(come uomo), Bono è immorale(verso l'arte) proprio perché fa la morale.
Bowie ha mutato generi per amore della musica come possibilità infinita di ricerca e innovazione, un po' come Kubrick ha rivisitato ogni genere facendolo proprio, ri-creandolo. Sempre come il grande regista ha prediletto lo sguardo al discorso, l'attesa all'azione, il silenzio al presenzialismo.
Bowie si è evoluto nel paradosso di una progressiva evanescenza,per ogni genere esperito è corrisposto un passo indietro, una assenza dell'uomo che è sempre stata presenza dell'opera fino a chiudersi nell'armadio definitivo di Lazarus per spalancare alla propria arte le porte dell'eterno esserci.