Secondo la definizione fornita dall’Ocse, il capitale umano è costituito dall’insieme delle conoscenze, delle abilità, delle competenze e delle altre caratteristiche individuali che facilitano la creazione del benessere personale, sociale ed economico.
Pur non potendo essere misurate univocamente, le componenti del capitale umano determinano tuttavia la qualità della prestazione erogata, concorrendo ad aumentare la produttività di un’impresa e a qualificarla, influenzandone i risultati.
La teoria del capitale umano sostiene infatti che l’istruzione contribuisca alla crescita economica di un paese, ovvero la capacità di un sistema economico di incrementare la disponibilità di beni e servizi atti a soddisfare il fabbisogno di una data popolazione.
Questa consapevolezza logica è però abbastanza recente. Per molto tempo infatti all’istruzione è stato attribuito un valore principalmente:
· culturale: favorire la trasmissione della conoscenza di generazione in generazione, garantendo la conservazione e l’aumento del patrimonio culturale accumulato.
· sociale: favorire l’integrazione socio-culturale dell’individuo.
Il padre del concetto di capitale umano è considerato Theodore Schultz (1961), che per primo propone di considerare l’istruzione come una forma di investimento: sostiene infatti che essa sia una fonte di crescita economica, in quanto fa aumentare la produttività e i guadagni futuri delle persone, così che ogni aumento del reddito nazionale deriva dalla crescita dello stock di capitale umano di un Paese.
Inoltre secondo Lucas (1988) il capitale umano, interagendo con l’evoluzione delle conoscenze tecnologiche, produce esternalità positive: le conoscenze e le abilità apprese da un lavoratore attraverso l’istruzione o con l’esperienza acquisita sul posto di lavoro, infatti, incrementano anche la produttività di altri lavoratori semplicemente attraverso la possibilità di scambiare le proprie conoscenze, producendo vantaggi complessivi.
Roemer (1990) pone poi l’accento su una peculiare caratteristica della conoscenza: mentre il capitale fisico è soggetto a fenomeni di logoramento, per cui il suo contributo alla produzione non è illimitato, e dovrà essere sostituito comportando un costo, la conoscenza presenta invece tre vantaggi di ordine: quantitativo (può essere fruita contemporaneamente da più persone); cumulativo (nel suo accumularsi stimola senza costi aggiuntivi lo sviluppo di nuove conoscenze); economico (incentiva l’investimento su di essa a motivo del suo inesauribile rinnovamento).
Numerosi studi teorizzano o sottopongono a verifica empirica il legame tra capitale umano e crescita economica. Uno studio condotto da Rosamaria d’Amore, Roberto Iorio e Giuseppe Lubrano Lavadera (2008), rivela ad esempio che ad un aumento del numero dei laureati presenti in impresa corrisponde un aumento delle probabilità di introdurre un’innovazione di prodotto o di processo. L’efficacia, in senso innovativo, del capitale umano incorporato nella forza lavoro è più elevata in quelle imprese, numerose in Italia, in cui non ci sono o sono poco numerosi gli addetti alla Ricerca & Sviluppo: ciò significa che l’istruzione elevata della forza lavoro sostituisce in qualche misura la Ricerca & Sviluppo.
Alla luce di questi risultati si comprende come il ruolo della formazione e del capitale umano sia fondamentale anche per la realtà industriale italiana e risulta dunque chiaro che la strada per invertire la tendenza al calo della produttività e della competitività delle imprese passi necessariamente per un aumento negli investimenti, pubblici e privati, in capitale umano.