Con-formare senza mai conformare
È questo l’imperativo categorico di chi si impegna a (ri)generare professionalità libere da ogni meccanicismo preconfezionato. I progetti di formazione dovrebbero infatti intersecare identità e necessità di mercato.
"Il formatore come uno scultore guarda l’allievo come la statua di cui è già gravido un blocco di marmo, prova a restituirgli il proprio volto originario e quindi unico e appunto originale, non impone ma propone, non gioca su modelli prefabbricati ma coopera e costruisce insieme.
Oggi formare significa essere con e non più progettare ennesime braccia meccaniche del sistema.
Il formatore entra in aula con realismo e con la certezza che, per il bene comune aziendale, quel giorno deve prendersi cura del singolo bisogno del professionista, studiarne le motivazioni più profonde e aiutarlo a scoprire la propria attitudine. Trascorso questo tempo di preziosa semina, solo allora si cominciano a mettere a tema competenze e ruoli.
I manager sono stanchi e svogliati non per un deficit emotivo, come leggevo in un recente articolo; quello non è che un sintomo letto con superficialità e stanchezza senile.
La causa è da reperire nell’amnesia dei connotati essenziali del proprio volto vocazionale o, peggio ancora, nella mancata considerazione dello stesso, in un mondo aziendale che tende ciecamente al profitto determinando pressioni che schiacciano sul fare dimenticando ciò che si è.
Essere Form-Autore ha la medesima etimologia di Autor-evolezza: ossia restituire a chi lavora oggi, il proprio volto e la propria inimitabile voce.
Ogni voce una visione del mondo, ogni bocca il proprio grido, ogni mano il proprio tocco, ogni passo la propria meta."